martedì 26 agosto 2008
sabato 23 agosto 2008
mercoledì 20 agosto 2008
lunedì 18 agosto 2008
domenica 17 agosto 2008
Monaco Mia.
Senza sogni resterai
sotto il ponte guardando
il fiume che scorre
fluente.
In un sogno viaggerai
sotto il sole di Spagna
con un soffio
poi
sulle Terre d'Irlanda,
uno sguardo e odor di Provenza,
un sospiro e occhi cerchiati
di guerrieri braccati,
un cenno e cento cavalli
su per il monte la sola salvezza.
E un canto.
Un canto di donna
che mai cercasti
ma che adesso vorresti
un canto,
un vino rosato,
il sogno opaco svanisce
e ti desti
sudato.
Un sogno è finito
e cento sogni t'han rubato,
ciò che cerchi è svanito
scomparso
trascinato
dalla corrente del fiume,
che tutto prende,
che tutti i sogni raccoglie
e poi disperde.
Massimiliano Macera
martedì 12 agosto 2008
Consigli per la lettura.
Raccolta di saggi sul genio poetico ed economico di Ezra Pound, il poeta americano che aderirà al fascismo e per questo venne internato in un manicomio criminale.
Disponibile, chiedi info.
Disponibile, chiedi info.
lunedì 11 agosto 2008
5 attivisti di "Students for a Free Tibet" arrestati in Cina.
Pechino, 10 ago. (Adnkronos) - Cinque persone, due statunitensi, due canadesi ed una tibetana, sono state arrestate dalla polizia cinese in piazza Tiananmen, a Pechino, mentre manifestavano per l'indipendenza del Tibet. Altre cinque, tutte canadesi, sono state trattenute e interrogate da agenti in un albergo della città. Lo riferisce il gruppo newyorkese Students for a Free Tibet.
Tra i fermati in Piazza Tiananmen c'è il fondatore del gruppo, lo statunitense John Hocevar, già presente il giorno prima ad un'altra protesta dell'organizzazione nello stesso luogo. Il gruppo aggiunge di non sapere né come stiano né dove si trovino ora i cinque arrestati.
Students for a Free Tibet ha diffuso un Video come prova dell'episodio. Nel filmato, agenti della polizia cinese bloccano i cinque manifestanti e trascinano almeno due di loro in un negozio al margine della piazza; uno dei manifestanti srotola, fuori dal negozio, una bandiera del Tibet e urla 'Tibet libero' mentre, all'interno dell'esercizio, una giovane viene trascinata sul pavimento. Quest'ultima è stato identificata come una ragazza tibetana, proviente dalla Germania, di 21 anni, Padma-Dolma Fielitz, che prima di manifestare avrebbe detto: "Oggi protesto per dire al mondo che, mentre fissa ipnotizzato i Giochi Olimpici della Cina, lo stivale dell'oppressione cinese sta schiacciando la mia gente". "Tutto è durato circa cinque minuti", ha raccontato per telefono all'agenzia d'informazione tedesca Dpa un membro di Students for a Free Tibet, Sophia Conroy, da New York.
Altre proteste erano state bloccate dalla polizia cinese nei giorni scorsi. Ieri in piazza Tiananmen sono stati arrestati cinque membri di gruppi pro-tibetani, hanno riferito nello stesso giorno John Hocevar e altri attivisti. Venerdì sera, invece, sono stati bloccati tre manifestanti che avevano mostrato bandiere tibetane vicino l'Olympic Green. Hocevar sottolinea una differenza fra i due episodi: nel primo i poliziotti locali e i paramilitari in uniforme cinesi hanno lasciato che ad intervenire fossero agenti in borghese, che hanno portato via gli attivisti dopo circa dieci minuti, mentre venerdì l'intervento era stato immediato, tanto che i manifestanti "erano stati atterrati in meno di un minuto".
Sempre sabato due manifestanti locali pro-tibet sono stati buttati fuori da una gara equestre olimpica ad Hong Kong dopo aver srotolato una bandiera del Tibet.
Mercoledì altre proteste bloccate. Due attivisti degli Stati Uniti e due della Gran Bretagna sono stati fermati dopo che i britannici avevano srotolato in cima a un palo della luce alto 40 metri, vicino all'Olympic Green, un enorme striscione invocante l'indipendenza del Tibet. I quattro sono stati espulsi dal Paese, come anche i tre manifestanti fermati venerdì, ha riferito la Campagna per il Tibet Libero. Nel pomeriggio dello stesso giorno tre attivisti anti-aborto statunitensi hanno tenuto un breve sit-in ai bordi di piazza Tiananmen, secondo quanto riferito dai media di Stato.
Tra i fermati in Piazza Tiananmen c'è il fondatore del gruppo, lo statunitense John Hocevar, già presente il giorno prima ad un'altra protesta dell'organizzazione nello stesso luogo. Il gruppo aggiunge di non sapere né come stiano né dove si trovino ora i cinque arrestati.
Students for a Free Tibet ha diffuso un Video come prova dell'episodio. Nel filmato, agenti della polizia cinese bloccano i cinque manifestanti e trascinano almeno due di loro in un negozio al margine della piazza; uno dei manifestanti srotola, fuori dal negozio, una bandiera del Tibet e urla 'Tibet libero' mentre, all'interno dell'esercizio, una giovane viene trascinata sul pavimento. Quest'ultima è stato identificata come una ragazza tibetana, proviente dalla Germania, di 21 anni, Padma-Dolma Fielitz, che prima di manifestare avrebbe detto: "Oggi protesto per dire al mondo che, mentre fissa ipnotizzato i Giochi Olimpici della Cina, lo stivale dell'oppressione cinese sta schiacciando la mia gente". "Tutto è durato circa cinque minuti", ha raccontato per telefono all'agenzia d'informazione tedesca Dpa un membro di Students for a Free Tibet, Sophia Conroy, da New York.
Altre proteste erano state bloccate dalla polizia cinese nei giorni scorsi. Ieri in piazza Tiananmen sono stati arrestati cinque membri di gruppi pro-tibetani, hanno riferito nello stesso giorno John Hocevar e altri attivisti. Venerdì sera, invece, sono stati bloccati tre manifestanti che avevano mostrato bandiere tibetane vicino l'Olympic Green. Hocevar sottolinea una differenza fra i due episodi: nel primo i poliziotti locali e i paramilitari in uniforme cinesi hanno lasciato che ad intervenire fossero agenti in borghese, che hanno portato via gli attivisti dopo circa dieci minuti, mentre venerdì l'intervento era stato immediato, tanto che i manifestanti "erano stati atterrati in meno di un minuto".
Sempre sabato due manifestanti locali pro-tibet sono stati buttati fuori da una gara equestre olimpica ad Hong Kong dopo aver srotolato una bandiera del Tibet.
Mercoledì altre proteste bloccate. Due attivisti degli Stati Uniti e due della Gran Bretagna sono stati fermati dopo che i britannici avevano srotolato in cima a un palo della luce alto 40 metri, vicino all'Olympic Green, un enorme striscione invocante l'indipendenza del Tibet. I quattro sono stati espulsi dal Paese, come anche i tre manifestanti fermati venerdì, ha riferito la Campagna per il Tibet Libero. Nel pomeriggio dello stesso giorno tre attivisti anti-aborto statunitensi hanno tenuto un breve sit-in ai bordi di piazza Tiananmen, secondo quanto riferito dai media di Stato.
Il Boss di Tiblisi.
Di Maurizio Blondet Quando si distruggono gli imperi - anche cattivi - quel che riempie il loro vuoto è sempre peggio. La scomparsa di un impero lascia sempre una zona di instabilità, a volte per secoli (il Medio Oriente in fiamme è un esito della scomparsa dell’impero ottomano) e il motivo è ovvio. Al posto del «comando» imperiale, che è sempre in qualche misura responsabile, pretendono di «comandare» capi locali, provinciali o addirittura tribali, retrogradi, avventuristi e irresponsabili fino all’infantilismo. I nuovi «comandanti» salgono in cattedra di fronte al mondo, fanno la voce grossa, si sentono finalmente «liberi» e «sovrani». In realtà, sono solo vermi che pullulano dentro la grande carcassa dell’impero morto.
Mikhail Saakashvili, portato al potere da una «rivoluzione delle rose» interamente pagata dalla CIA (il fatto è ampiamente documentato) è stato votato dai georgiani - cinque milioni in tutto, una provincia - perchè era il più nazionalista di tutti loro. Immediatamente, aizzato da Washington, costui ha chiesto l’adesione alla NATO. Altrettanto immediatamente, ha vietato la lingua russa ed ha abolito da tutte la scritture pubbliche e private i caratteri cirillici; ma non per sostituirli coi caratteri latini che si usano alla NATO, bensì con un alfabeto georgiano arcaico, prima reperibile solo in qualche antica lapide e decifrabile solo da qualche archeologo specializzato, e quasi certamente sconosciuto alla maggioranza assoluta dei georgiani stessi.
Dunque, se il mondo deve occuparsi della Georgia, che impari la lingua e l’alfabeto kartuli (si chiama così, dal nome di un eroe mitico-capostipite). Saakashvili è riuscito a dare realizzazione al sogno o delirio che Bossi si limita covare, restituire i lombardi all’alfabeto celtico, un alfabeto magari di sua invenzione durante una notte di sbornie? I secessionismi e i particolarismi si nutrono sempre di qualche delirio arcaico.
Siccome quello di Saakashvili è un secessionismo compiuto - un modello - sarà dunque istruttivo anche per i lombardi studiarne l’esito.
A pochi mesi dalla sua elezione trionfale, Saakashvili ha trasformato la «democrazia» pagatagli dalla CIA in una dittatura personale; più precisamente, nella dittatura della sua tribù materna - letteralmente, il clan tribale di sua madre - ai cui membri ha distribuito cariche, favoritismi e mazzette della corruzione dilagante.
Nel novembre scorso, ci sono state dimostrazioni di piazza contro il dittatore tribale; i neo-cittadini già ne hanno abbastanza del Gran Kartulo; ma Saakashvili ha scatenato contro i concittadini kartvelebi (così d’ora in poi si devono chiamare) le sue guardie pretoriane, dotate di inusitata ferocia e di armamento e addestramento pagato da Washington. Tipico dei vermi che pretendono di «comandare» agitandosi nella carcassa di un impero putrefatto è dichiararsi vittime storiche dell’impero defunto: benchè abbia dato la nascita a Stalin, ed abbia sempre avuto georgiani nel CC del PCUS, la nuova Georgia si dichiara innocente del sovietismo. Non c’entra, non c’è mai entrata, l’ha sempre combattuto scrivendo di nascosto in kartuli.
Naturalmente, i vermi prediligono la storia antica (specie quella così antica da non aver lasciato tracce, come i Celti in Lombardia) rispetto a quella recente. Così, la Georgia nuova ha deciso di ignorare il fatto che 70 anni di unità sovietica hanno mescolato popolazioni e ha creato - soprattutto - una essenziale dipendenza economica delle piccole regioni dell’impero dalle più grandi.
La Georgia contribuiva all’impero sovietico con due prodotti di cui non sfuggirà l’importanza strategica: una produzione di vini di seconda qualità che solo il cittadino sovietico trovava bevibili (sempre meglio dell’antigelo per motori), e una certa acqua minerale Borzhomi. Saakashvili ha preteso che Mosca continuasse a importare i suoi vini e la sua acqua minerale, allo stesso tempo dichiarandosi indipendente dalla Russia da cui importava tutto il resto, a cominciare dal petrolio con cui riscalda le case georgiane nei rigidi inverni. E pretendeva che i cittadini di lingua russa, messi in Abkhazia e in Ossezia nel grande tragico rimescolamento di popoli staliniano, imparassero il kartuli e inneggiassero al clan di sua mamma.
Su un altro punto il Bossi kartuli è molto più concreto del nostro Saakashvili «padano»: il nostro straparla di «fucili» e «proiettili», il georgiano ha speso il 70% del prodotto interno lordo del suo Paese di 5 milioni di abitanti in miseria, in armamento pesante (1). Si è fatto un esercito di 17 mila uomini; ne ha mandati 2 mila in Iraq a fianco dell’Alleato Americano; ciò allo scopo di trascinare, poi, l’Alleato Americano nella guerra che intende sferrare contro la Russia, perchè questo è il suo scopo ultimo.
Giudicate voi: è o non è una Grande Politica Mondiale? Il particolarista perfetto, per quanto provinciale e tribale sia, ha infatti ambizioni mondiali. Nel caso, scatenare la guerra atomica fra due superpotenze. E’ così che i vermi secessionisti si sentono grandi; provocando grandi disastri.
Il guaio è che Saakashvili ha trovato l’appoggio dell’altra demenza, quella che impera a Washington. La quale ha usato la Georgia come zona di transito del petrolio del Caspio, che non vuol far passare dalla Russia: le condutture della pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan, finanziate da BP, Total ed Eni, servono allo scopo, e dovevano fornire al capo kartuli un flusso di royalty un po’ più sostenuto dell’export di vinello e acqua minerale, da distribuire alla tribù materna.
Washington preme per far entrare la Kartulia nella NATO; l’Europa non dice di no, ma nicchia, e trascina i piedi; Washington brucia le tappe e organizza una esercitazione militare congiunta con truppe americane e truppe kartuli in territorio kartuli, a ridosso della Russia; questa esercitazione è avvenuta ed è finita solo il 31 luglio, dunque pochi giorni fa (2) e si è chiamata, per volontà del Pentagono, «Immediate Response» (vedi «Provocazioni contro Mosca», EFFEDIEFFE.com, 21 luglio). Una chiara provocazione ai russi, dopo il piazzamento dei missili in Polonia e la minaccia di espellere la Russia dal G-8.
Ciò ha chiaramente incoraggiato nei suoi progetti il Gran Kartuli. Saakashvili ha preso l’iniziativa dell’aggressione: ha mandato le sue truppe a bombardare l’Ossetia russofona, ed è apparso in TV tenendo dietro le spalle la bandiera stellata dell’Unione Europea di cui non fa parte, con accanto il vessilo della NATO di cui non è membro. Ha fatto tappezzare Tbilisi, la sua capitale, di manifesti dove appare a fianco di George W. Bush.
Come tutti i Bossi, anche lui vive in un mondo di fantasia, di ampolle sacre su sacri fiumi, di antichi eroi kartuli del 12mo secolo o dell’età della pietra. Saakashvili si frega le mani: adesso gli americani interverranno a fianco del loro più forte alleato, Mosca ha i giorni contati. Ordina a Washington: rimandatemi i 2.000 uomini che vi ho spedito in Iraq, ora mi servono per marciare su Mosca.
Probabilmente nessuno ha tradotto in caratteri kartuli una frase di Kissinger, che dovrebbe essere invece scolpita molto in grande a Tbilisi: «Nessuna grande potenza si suicida per un alleato minore» (a meno che non si chiami Katz). Anzi, due frasi di Kissinger. La seconda è: «Nessuna grande potenza si ritira per sempre». Parecchie decine di carri armati russi occupano la Sud Ossezia. Navi russe nel Mar Nero si predispongono a chiudere Kartulia in un blocco navale (3).
Saakashvili è scomparso in un bunker. L’aiuto che riceve è un po’ di propaganda: ecco, vedete com’è cattivo Putin, dice Bush, e ripetono i Frattini europoidi, e tutti i media coi loro camerieri e ragazzi-spazzola.
Devo dire che la propaganda non resta senza effetto sulla stupidità egemone. Una mia amica altolocata, che lavora per l’ONU, mi telefona tutta indignata: Putin ha bombardato Tbilisi, una capitale straniera di uno Stato sovrano, violando il diritto internazionale; mentre Saakashvili, facendo strage in Sud-Ossezia, ha agito nel suo diritto, perchè il Sud-Ossezia è territorio georgiano, un «affare interno».
Provo a rinfrescarle la memoria: ha presente che gli USA hanno invaso e stanno occupando due Paesi che non gli hanno mai dichiarato guerra nè mai costituito una minaccia per Washington? Riesce, con uno sforzo, a ricordare che solo due anni fa, Israele ha bombardato la capitale di un Paese sovrano che pare chiamarsi Libano, devastandolo dalle fondamenta, con la scusa che doveva liberare quattro (dicesi quattro) soldatini israeliani catturati mentre penetravano in territorio libanese? E’ in grado di ricordare che un Paese che non ha mai aggredito nessuno, di nome Iran, è perennemente minacciato di attacco preventivo perchè sta sviluppando un’industria nucleare civile, cui ha diritto come firmatario dei Trattati di Non-Proliferazione? Viene forse invocato in questi casi il diritto internazionale?
La risposta è: «Scusa, devo lasciarti perchè ho ospiti». Le signore dell’ONU hanno sempre ospiti nelle loro ville con piscina. Aperitivi, rinfreschi, alta società.
Così, non riesco a cominicarle la mia ultima frase: dall’11 settembre 2001, la società Bush & Katz ha inaugurato una nuova fase storica globale. La fase in cui la violenza «è» il nuovo diritto internazionale. E’ una fase nuova ma anche un grande ritorno dell’arcaico, la forza che crea il diritto.
L’invasione non provocata e non motivata legalmente di Afghanistan (occupato da sette anni) e Iraq (occupato da quattro), come il bombardamento del Libano hanno creato un precedente giuridico internazionale. Di cui anche all’ONU si dovrebbero soppesare tutte le conseguenze.
Naturalmente, la risposta di Mosca al Gran Kartuli - risposta adeguata nel quadro della nuova legalità internazionale - apre una fase pericolosa. Per noi europidi, che riceviamo dalla Russia il 25% del nostro fabbisogno energetico, per i nostri serbatoi e per i nostri riscaldamenti invernali: perchè noi europei abbiamo lasciato che la ditta Bush & Katz ci separassero fisicamente dal fornitore russo, lasciando che costituissero Stati-cuscinetto come l’Ucraina, la Polonia, e la Kartulia.
Pericoloso per l’Iran (e dunque ancora per i nostri serbatoi e caloriferi), visto che la confusione nell’area di instabilità avvicina la tentazione di Katz di attaccare Teheran approfittando della confusione stessa. Negli scorsi giorni, due nuove portaerei USA, e un altro cacciatorpediniere americano «accompagnato da due navi israeliane» (4) non identificate sono entrati nel Golfo Persico, ad aggiungersi alla densa zuppa di flotte da guerra che Bush & Katz mantengono da mesi davanti alle coste iraniane; c’è da chiedersi come riescano a manovrare nello stretto di Ormuz.
Mai siamo stati così vicini ad un gravissimo conflitto. Di cui non dobbiamo dimenticare di ringraziare i Solana, i Barroso, i Frattini, che si tengono stretti all’«alleato» che congiura alla nostra rovina come europei, anzichè formare una solida partnership europea con Mosca, dettata dal nostro reciproco destino manifesto. La guerra fredda non è stata mai così vicina a diventare rovente dai tempi della crisi di Cuba; allora l’impero sovietico si mostrò responsabile; oggi l’impero non c’è più, e nemmeno lo stesso grado di responsabilità. E’ questo il vuoto che lasciano gli imperi spaccati.
Di una sola cosa siamo (quasi) certi: la guerra non si espanderà partendo dalla Georgia. Lì, ha ragione Lavrov, il conflitto è e resta «limitato». Bush & Katz non alzeranno un dito per il loro servo Saakashvili. E’ limitato in tutto e per tutto (5).
Almeno una consolazione ci resta: quest’inverno, nel gelo del razionamento, non dovremo studiare al lume di candela l’alfabeto kartuli. Forse gli stessi georgiani tornerannno ai caratteri cirillici.
Mikhail Saakashvili, portato al potere da una «rivoluzione delle rose» interamente pagata dalla CIA (il fatto è ampiamente documentato) è stato votato dai georgiani - cinque milioni in tutto, una provincia - perchè era il più nazionalista di tutti loro. Immediatamente, aizzato da Washington, costui ha chiesto l’adesione alla NATO. Altrettanto immediatamente, ha vietato la lingua russa ed ha abolito da tutte la scritture pubbliche e private i caratteri cirillici; ma non per sostituirli coi caratteri latini che si usano alla NATO, bensì con un alfabeto georgiano arcaico, prima reperibile solo in qualche antica lapide e decifrabile solo da qualche archeologo specializzato, e quasi certamente sconosciuto alla maggioranza assoluta dei georgiani stessi.
Dunque, se il mondo deve occuparsi della Georgia, che impari la lingua e l’alfabeto kartuli (si chiama così, dal nome di un eroe mitico-capostipite). Saakashvili è riuscito a dare realizzazione al sogno o delirio che Bossi si limita covare, restituire i lombardi all’alfabeto celtico, un alfabeto magari di sua invenzione durante una notte di sbornie? I secessionismi e i particolarismi si nutrono sempre di qualche delirio arcaico.
Siccome quello di Saakashvili è un secessionismo compiuto - un modello - sarà dunque istruttivo anche per i lombardi studiarne l’esito.
A pochi mesi dalla sua elezione trionfale, Saakashvili ha trasformato la «democrazia» pagatagli dalla CIA in una dittatura personale; più precisamente, nella dittatura della sua tribù materna - letteralmente, il clan tribale di sua madre - ai cui membri ha distribuito cariche, favoritismi e mazzette della corruzione dilagante.
Nel novembre scorso, ci sono state dimostrazioni di piazza contro il dittatore tribale; i neo-cittadini già ne hanno abbastanza del Gran Kartulo; ma Saakashvili ha scatenato contro i concittadini kartvelebi (così d’ora in poi si devono chiamare) le sue guardie pretoriane, dotate di inusitata ferocia e di armamento e addestramento pagato da Washington. Tipico dei vermi che pretendono di «comandare» agitandosi nella carcassa di un impero putrefatto è dichiararsi vittime storiche dell’impero defunto: benchè abbia dato la nascita a Stalin, ed abbia sempre avuto georgiani nel CC del PCUS, la nuova Georgia si dichiara innocente del sovietismo. Non c’entra, non c’è mai entrata, l’ha sempre combattuto scrivendo di nascosto in kartuli.
Naturalmente, i vermi prediligono la storia antica (specie quella così antica da non aver lasciato tracce, come i Celti in Lombardia) rispetto a quella recente. Così, la Georgia nuova ha deciso di ignorare il fatto che 70 anni di unità sovietica hanno mescolato popolazioni e ha creato - soprattutto - una essenziale dipendenza economica delle piccole regioni dell’impero dalle più grandi.
La Georgia contribuiva all’impero sovietico con due prodotti di cui non sfuggirà l’importanza strategica: una produzione di vini di seconda qualità che solo il cittadino sovietico trovava bevibili (sempre meglio dell’antigelo per motori), e una certa acqua minerale Borzhomi. Saakashvili ha preteso che Mosca continuasse a importare i suoi vini e la sua acqua minerale, allo stesso tempo dichiarandosi indipendente dalla Russia da cui importava tutto il resto, a cominciare dal petrolio con cui riscalda le case georgiane nei rigidi inverni. E pretendeva che i cittadini di lingua russa, messi in Abkhazia e in Ossezia nel grande tragico rimescolamento di popoli staliniano, imparassero il kartuli e inneggiassero al clan di sua mamma.
Su un altro punto il Bossi kartuli è molto più concreto del nostro Saakashvili «padano»: il nostro straparla di «fucili» e «proiettili», il georgiano ha speso il 70% del prodotto interno lordo del suo Paese di 5 milioni di abitanti in miseria, in armamento pesante (1). Si è fatto un esercito di 17 mila uomini; ne ha mandati 2 mila in Iraq a fianco dell’Alleato Americano; ciò allo scopo di trascinare, poi, l’Alleato Americano nella guerra che intende sferrare contro la Russia, perchè questo è il suo scopo ultimo.
Giudicate voi: è o non è una Grande Politica Mondiale? Il particolarista perfetto, per quanto provinciale e tribale sia, ha infatti ambizioni mondiali. Nel caso, scatenare la guerra atomica fra due superpotenze. E’ così che i vermi secessionisti si sentono grandi; provocando grandi disastri.
Il guaio è che Saakashvili ha trovato l’appoggio dell’altra demenza, quella che impera a Washington. La quale ha usato la Georgia come zona di transito del petrolio del Caspio, che non vuol far passare dalla Russia: le condutture della pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan, finanziate da BP, Total ed Eni, servono allo scopo, e dovevano fornire al capo kartuli un flusso di royalty un po’ più sostenuto dell’export di vinello e acqua minerale, da distribuire alla tribù materna.
Washington preme per far entrare la Kartulia nella NATO; l’Europa non dice di no, ma nicchia, e trascina i piedi; Washington brucia le tappe e organizza una esercitazione militare congiunta con truppe americane e truppe kartuli in territorio kartuli, a ridosso della Russia; questa esercitazione è avvenuta ed è finita solo il 31 luglio, dunque pochi giorni fa (2) e si è chiamata, per volontà del Pentagono, «Immediate Response» (vedi «Provocazioni contro Mosca», EFFEDIEFFE.com, 21 luglio). Una chiara provocazione ai russi, dopo il piazzamento dei missili in Polonia e la minaccia di espellere la Russia dal G-8.
Ciò ha chiaramente incoraggiato nei suoi progetti il Gran Kartuli. Saakashvili ha preso l’iniziativa dell’aggressione: ha mandato le sue truppe a bombardare l’Ossetia russofona, ed è apparso in TV tenendo dietro le spalle la bandiera stellata dell’Unione Europea di cui non fa parte, con accanto il vessilo della NATO di cui non è membro. Ha fatto tappezzare Tbilisi, la sua capitale, di manifesti dove appare a fianco di George W. Bush.
Come tutti i Bossi, anche lui vive in un mondo di fantasia, di ampolle sacre su sacri fiumi, di antichi eroi kartuli del 12mo secolo o dell’età della pietra. Saakashvili si frega le mani: adesso gli americani interverranno a fianco del loro più forte alleato, Mosca ha i giorni contati. Ordina a Washington: rimandatemi i 2.000 uomini che vi ho spedito in Iraq, ora mi servono per marciare su Mosca.
Probabilmente nessuno ha tradotto in caratteri kartuli una frase di Kissinger, che dovrebbe essere invece scolpita molto in grande a Tbilisi: «Nessuna grande potenza si suicida per un alleato minore» (a meno che non si chiami Katz). Anzi, due frasi di Kissinger. La seconda è: «Nessuna grande potenza si ritira per sempre». Parecchie decine di carri armati russi occupano la Sud Ossezia. Navi russe nel Mar Nero si predispongono a chiudere Kartulia in un blocco navale (3).
Saakashvili è scomparso in un bunker. L’aiuto che riceve è un po’ di propaganda: ecco, vedete com’è cattivo Putin, dice Bush, e ripetono i Frattini europoidi, e tutti i media coi loro camerieri e ragazzi-spazzola.
Devo dire che la propaganda non resta senza effetto sulla stupidità egemone. Una mia amica altolocata, che lavora per l’ONU, mi telefona tutta indignata: Putin ha bombardato Tbilisi, una capitale straniera di uno Stato sovrano, violando il diritto internazionale; mentre Saakashvili, facendo strage in Sud-Ossezia, ha agito nel suo diritto, perchè il Sud-Ossezia è territorio georgiano, un «affare interno».
Provo a rinfrescarle la memoria: ha presente che gli USA hanno invaso e stanno occupando due Paesi che non gli hanno mai dichiarato guerra nè mai costituito una minaccia per Washington? Riesce, con uno sforzo, a ricordare che solo due anni fa, Israele ha bombardato la capitale di un Paese sovrano che pare chiamarsi Libano, devastandolo dalle fondamenta, con la scusa che doveva liberare quattro (dicesi quattro) soldatini israeliani catturati mentre penetravano in territorio libanese? E’ in grado di ricordare che un Paese che non ha mai aggredito nessuno, di nome Iran, è perennemente minacciato di attacco preventivo perchè sta sviluppando un’industria nucleare civile, cui ha diritto come firmatario dei Trattati di Non-Proliferazione? Viene forse invocato in questi casi il diritto internazionale?
La risposta è: «Scusa, devo lasciarti perchè ho ospiti». Le signore dell’ONU hanno sempre ospiti nelle loro ville con piscina. Aperitivi, rinfreschi, alta società.
Così, non riesco a cominicarle la mia ultima frase: dall’11 settembre 2001, la società Bush & Katz ha inaugurato una nuova fase storica globale. La fase in cui la violenza «è» il nuovo diritto internazionale. E’ una fase nuova ma anche un grande ritorno dell’arcaico, la forza che crea il diritto.
L’invasione non provocata e non motivata legalmente di Afghanistan (occupato da sette anni) e Iraq (occupato da quattro), come il bombardamento del Libano hanno creato un precedente giuridico internazionale. Di cui anche all’ONU si dovrebbero soppesare tutte le conseguenze.
Naturalmente, la risposta di Mosca al Gran Kartuli - risposta adeguata nel quadro della nuova legalità internazionale - apre una fase pericolosa. Per noi europidi, che riceviamo dalla Russia il 25% del nostro fabbisogno energetico, per i nostri serbatoi e per i nostri riscaldamenti invernali: perchè noi europei abbiamo lasciato che la ditta Bush & Katz ci separassero fisicamente dal fornitore russo, lasciando che costituissero Stati-cuscinetto come l’Ucraina, la Polonia, e la Kartulia.
Pericoloso per l’Iran (e dunque ancora per i nostri serbatoi e caloriferi), visto che la confusione nell’area di instabilità avvicina la tentazione di Katz di attaccare Teheran approfittando della confusione stessa. Negli scorsi giorni, due nuove portaerei USA, e un altro cacciatorpediniere americano «accompagnato da due navi israeliane» (4) non identificate sono entrati nel Golfo Persico, ad aggiungersi alla densa zuppa di flotte da guerra che Bush & Katz mantengono da mesi davanti alle coste iraniane; c’è da chiedersi come riescano a manovrare nello stretto di Ormuz.
Mai siamo stati così vicini ad un gravissimo conflitto. Di cui non dobbiamo dimenticare di ringraziare i Solana, i Barroso, i Frattini, che si tengono stretti all’«alleato» che congiura alla nostra rovina come europei, anzichè formare una solida partnership europea con Mosca, dettata dal nostro reciproco destino manifesto. La guerra fredda non è stata mai così vicina a diventare rovente dai tempi della crisi di Cuba; allora l’impero sovietico si mostrò responsabile; oggi l’impero non c’è più, e nemmeno lo stesso grado di responsabilità. E’ questo il vuoto che lasciano gli imperi spaccati.
Di una sola cosa siamo (quasi) certi: la guerra non si espanderà partendo dalla Georgia. Lì, ha ragione Lavrov, il conflitto è e resta «limitato». Bush & Katz non alzeranno un dito per il loro servo Saakashvili. E’ limitato in tutto e per tutto (5).
Almeno una consolazione ci resta: quest’inverno, nel gelo del razionamento, non dovremo studiare al lume di candela l’alfabeto kartuli. Forse gli stessi georgiani tornerannno ai caratteri cirillici.
domenica 10 agosto 2008
Saakshvili servo sciocco del criminale bush
Di Biagio Cacciola. Il necrofilo Bush avra' sulla sua coscienza macabra,oltre le centinaia di migliaia di morti irakeni, anche le migliaia di civili dell'Ossezia del sud uccisi dalle truppe georgiane che hanno sconfinato in Ossezia del Sud.Il fantoccio di Tiblisi,su suggerimento dei consiglieri CIA che stazionano nel suo sventurato Paese,ha scatenato una guerra lampo per 'riprendersi' l'Ossezia,come se La Serbia ,tanto per capirci,avesse dichiarato guerra al Kossovo. Semplicemente irresponsabile.Ma Bush voleva regalare al suo servetto sciocco una Nazione che forse neppure sa che esiste, con le sue tradizioni,la sua lingua, il suo popolo, il suo orgoglio. La punizione per lo sciagurato fantoccio di Tiblisi e' stata immediata:Putin stesso ha coordinato la resistenza degli osseti e il bombardamento ,devastante, sulle infrastrutture della Georgia.Ora il fantoccio e il suo mentore Bush reclamano un armistizio. Forse l'animo generoso di Putin e Medveivev glielo concedera'.La lezione puo' bastare.La Russia non e' l'Iraq...
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