Di Biagio Cacciola. Il 1977 segna una profonda novità dello scenario politico italiano. La maschera del PCI, partito di
lotta e contemporaneamente di Governo cade in modo clamoroso con la cacciata di Luciano Lama
dall’università di Roma il 17 Febbraio. Infatti proprio quel giorno segna l’impossibilità per i comunisti di cavalcare contemporaneamente la tigre della maggioranza e quella dell’opposizione a fronte delle richieste del movimento giovanile di una scuola e di una università diverse. Il
sociologo, già politicamente corretto allora, Franco Ferrarotti scrisse sul Corriere della Sera che quello che era accaduto all’universià di Roma era oggettivamente di matrice neofascista. Di fronte a
questa accelerazione avevamo ancora un partito come l’MSI, a cui pure il Fuan faceva riferimento, cristallizzato su posizioni di immobilismo quasi totale. La politica di Giorgio Almirante aveva subito un progressivo deterioramento con la sconfitta del 1976 e la nascita del partito scissionista
denominato Democrazia Nazionale. Il Fuan che aderiva al partito con uno statuto autonomo
diversificò la sua posizione non accettando una rendita giovanile nostalgica e parafascista a
differenza delle altre organizzazioni ,comprese quelle nel partito. Il Fuan ruppe i vecchi dettati del neofascismo giovanile, riconoscendo che la spinta del ’68 ,sostenuta in parte da forze
nazionalpopolari,anche se esaurita nella sua fase innovativa, aveva aperto squarci di novità su un
mondo come quello della politica italiana arroccato a difesa di poteri e privilegi.
Di fronte a tutto questo fu uno choc l’intervista che feci al periodico il Settimanale. In quel tempo in cui era difficile per i capi storici dell’MSI andare sui giornali l’attenzione per il sottoscritto si era manifestata già con un articolo dell’Espresso e ora l’intervista al giornale di Pietro Zullino
sconvolgeva i vecchi schemi destra-sinistra che per molto tempo avevano cristallizzato la politica
giovanile italiana e ancora di più la politica politicante... L’intervista iniziava testualmente con
l’affermazione,da parte del giornalista Paolo Nasso, che “i giovani del Fuan l‘organizzazione
universitaria dell’MSI, tentano con qualche successo di recuperare credibilità e spazio politico. La
loro nuova posizione li porta di fatto affianco degli indiani metropolitani e di quelle organizzazioni
studentesche che rifiutano la leadership marxista e che perciò hanno messo fuori dal movimento le organizzazioni che ufficialmente si pongono alla sinistra del PCI: Pdup avanguardia operaia, lotta continua”.Nel corso dell’intervista affermavo testualmente che “i giovani del Fuan hanno
partecipato, e non in modo clandestino alla cacciata dall’università di Roma di Luciano Lama.
Continuavo sostenendo la necessita’ di un’analisi della società industrializzata e che l’impegno del
Fuan era cercare di capirne le contraddizioni e possibilmente di farle esplodere”. Il Settimanale
notava che la nostra analisi della crisi della società era fuori dai vecchi schemi nostalgici. “I mali
vanno ricercati nelle scelte operate negli anni ’50; con un modello di sviluppo neocapitalistico che
ha portato allo spostamento delle masse contadine e artigiane e alla loro ghettizzazione”.
Continuavo sostenendo che era scomparso il vecchio principio di autorità, l’ideologia comune.” I
giovani si sono allontanati dai loro genitori non cercando più il dialogo”. A trarre vantaggio da
questo stato di cose era stato il PCI che grazie alla rivolta universitaria del ’68 e alla conseguente
liberalizzazione degli accessi all’università era entrato ancora di più nell’area di potere fino
all’obbiettivo storico raggiunto in quel periodo: il PCI sosteneva una maggioranza di Governo.Il
sogno del blocco sociale gramsciano,studenti e operai insieme,era li’a un passo L’alternativa che
perseguivamo era totale rispetto a questo sistema liberal-capitalistico. Non eravamo però i
restauratori di un ‘ancien regime’, perché respingere questa società tecnologizzata è anacronistico.
Affermavo , che eravamo per una società a misura d’uomo, dove il lavoro è inteso come dovere
sociale, prima come responsabilità e dopo come proprietà. Continuavo affermando che “il nostro
discorso era rivolto ai disoccupati, i sottoccupati, i giovani, le donne, i disperati, i ghettizzati, i
diversi”. Proprio da questa analisi partiva l’identificazione con le ragioni esistenziali del
movimento. La protesta della stragrande maggioranza dei giovani non era una prospettiva
materialistica,ma si attaccava invece il sistema e i suoi valori. I ragazzi rifiutavano l’utopia marxista della liberazione futura. Volevano (volevamo) il presente e il personale. Respingevamo come Fuan totalmente la logica della P38. Testualmente “questo tipo di violenza non porta alla caduta del sistema ma al suo rafforzamento. I giovani lo hanno capito tanto è vero che la respingono mentre sono invece disponibili per una contestazione globale e quindi non marxista”. . Certo la posizione del Fuan era una posizione difficile con alle spalle un partito ripiegato in se stesso ,ancorato alle sue parole d’ordine ma che non leggeva i segni di un cambiamento sociale in atto. Dall’altra, frange di contestazione che avevano deciso la scelta irreversibile e senza ritorno della lotta armata.
Unaposizione eretica,quella del FUAN, che però rivendicava una propria originalità e presenza nella società italiana, che non si rifaceva a nessuno dei vecchi schemi precedenti e che potremmo definiresituazionista. La Caravella, aveva dato alla sua linea politica una connotazione esistenziale.
Ecco perché per molti versi si può parlare di un’occasione sprecata. Gli anni di piombo e lo schema ferocemente sostenuto dal catto comunismo era quello della legittimazione del pci, anche attraverso uno scontro frontale con i movimenti della neocontestazione. L’unico leader,peraltro schiacciato come vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, che comprese il movimento di rinnovamento in atto, fu il leader segretario del Psi Bettino Craxi che anche grazie a questa visione movimentista garanti comunque, nel decennio successivo, la modernizzazione dell’Italia negli anni ’80.
lotta e contemporaneamente di Governo cade in modo clamoroso con la cacciata di Luciano Lama
dall’università di Roma il 17 Febbraio. Infatti proprio quel giorno segna l’impossibilità per i comunisti di cavalcare contemporaneamente la tigre della maggioranza e quella dell’opposizione a fronte delle richieste del movimento giovanile di una scuola e di una università diverse. Il
sociologo, già politicamente corretto allora, Franco Ferrarotti scrisse sul Corriere della Sera che quello che era accaduto all’universià di Roma era oggettivamente di matrice neofascista. Di fronte a
questa accelerazione avevamo ancora un partito come l’MSI, a cui pure il Fuan faceva riferimento, cristallizzato su posizioni di immobilismo quasi totale. La politica di Giorgio Almirante aveva subito un progressivo deterioramento con la sconfitta del 1976 e la nascita del partito scissionista
denominato Democrazia Nazionale. Il Fuan che aderiva al partito con uno statuto autonomo
diversificò la sua posizione non accettando una rendita giovanile nostalgica e parafascista a
differenza delle altre organizzazioni ,comprese quelle nel partito. Il Fuan ruppe i vecchi dettati del neofascismo giovanile, riconoscendo che la spinta del ’68 ,sostenuta in parte da forze
nazionalpopolari,anche se esaurita nella sua fase innovativa, aveva aperto squarci di novità su un
mondo come quello della politica italiana arroccato a difesa di poteri e privilegi.
Di fronte a tutto questo fu uno choc l’intervista che feci al periodico il Settimanale. In quel tempo in cui era difficile per i capi storici dell’MSI andare sui giornali l’attenzione per il sottoscritto si era manifestata già con un articolo dell’Espresso e ora l’intervista al giornale di Pietro Zullino
sconvolgeva i vecchi schemi destra-sinistra che per molto tempo avevano cristallizzato la politica
giovanile italiana e ancora di più la politica politicante... L’intervista iniziava testualmente con
l’affermazione,da parte del giornalista Paolo Nasso, che “i giovani del Fuan l‘organizzazione
universitaria dell’MSI, tentano con qualche successo di recuperare credibilità e spazio politico. La
loro nuova posizione li porta di fatto affianco degli indiani metropolitani e di quelle organizzazioni
studentesche che rifiutano la leadership marxista e che perciò hanno messo fuori dal movimento le organizzazioni che ufficialmente si pongono alla sinistra del PCI: Pdup avanguardia operaia, lotta continua”.Nel corso dell’intervista affermavo testualmente che “i giovani del Fuan hanno
partecipato, e non in modo clandestino alla cacciata dall’università di Roma di Luciano Lama.
Continuavo sostenendo la necessita’ di un’analisi della società industrializzata e che l’impegno del
Fuan era cercare di capirne le contraddizioni e possibilmente di farle esplodere”. Il Settimanale
notava che la nostra analisi della crisi della società era fuori dai vecchi schemi nostalgici. “I mali
vanno ricercati nelle scelte operate negli anni ’50; con un modello di sviluppo neocapitalistico che
ha portato allo spostamento delle masse contadine e artigiane e alla loro ghettizzazione”.
Continuavo sostenendo che era scomparso il vecchio principio di autorità, l’ideologia comune.” I
giovani si sono allontanati dai loro genitori non cercando più il dialogo”. A trarre vantaggio da
questo stato di cose era stato il PCI che grazie alla rivolta universitaria del ’68 e alla conseguente
liberalizzazione degli accessi all’università era entrato ancora di più nell’area di potere fino
all’obbiettivo storico raggiunto in quel periodo: il PCI sosteneva una maggioranza di Governo.Il
sogno del blocco sociale gramsciano,studenti e operai insieme,era li’a un passo L’alternativa che
perseguivamo era totale rispetto a questo sistema liberal-capitalistico. Non eravamo però i
restauratori di un ‘ancien regime’, perché respingere questa società tecnologizzata è anacronistico.
Affermavo , che eravamo per una società a misura d’uomo, dove il lavoro è inteso come dovere
sociale, prima come responsabilità e dopo come proprietà. Continuavo affermando che “il nostro
discorso era rivolto ai disoccupati, i sottoccupati, i giovani, le donne, i disperati, i ghettizzati, i
diversi”. Proprio da questa analisi partiva l’identificazione con le ragioni esistenziali del
movimento. La protesta della stragrande maggioranza dei giovani non era una prospettiva
materialistica,ma si attaccava invece il sistema e i suoi valori. I ragazzi rifiutavano l’utopia marxista della liberazione futura. Volevano (volevamo) il presente e il personale. Respingevamo come Fuan totalmente la logica della P38. Testualmente “questo tipo di violenza non porta alla caduta del sistema ma al suo rafforzamento. I giovani lo hanno capito tanto è vero che la respingono mentre sono invece disponibili per una contestazione globale e quindi non marxista”. . Certo la posizione del Fuan era una posizione difficile con alle spalle un partito ripiegato in se stesso ,ancorato alle sue parole d’ordine ma che non leggeva i segni di un cambiamento sociale in atto. Dall’altra, frange di contestazione che avevano deciso la scelta irreversibile e senza ritorno della lotta armata.
Unaposizione eretica,quella del FUAN, che però rivendicava una propria originalità e presenza nella società italiana, che non si rifaceva a nessuno dei vecchi schemi precedenti e che potremmo definiresituazionista. La Caravella, aveva dato alla sua linea politica una connotazione esistenziale.
Ecco perché per molti versi si può parlare di un’occasione sprecata. Gli anni di piombo e lo schema ferocemente sostenuto dal catto comunismo era quello della legittimazione del pci, anche attraverso uno scontro frontale con i movimenti della neocontestazione. L’unico leader,peraltro schiacciato come vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, che comprese il movimento di rinnovamento in atto, fu il leader segretario del Psi Bettino Craxi che anche grazie a questa visione movimentista garanti comunque, nel decennio successivo, la modernizzazione dell’Italia negli anni ’80.
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